Creare un'armonia. IL "ritorno all'ordine" nell'estetica di GINO SEVERINI. Di Beniamino Vizzini

Creare un'armonia
Il "ritorno all'ordine" nell'estetica di 
GINO SEVERINI

19 Giugno 2016

GINO SEVERINI (Cortona 1883 - Parigi 1966)
"Natura morta con ruderi, piccione e statua", 1931, tempera su cartoncino

La mostra "SEVERINI. L'Emozione e la regola", a cura di Daniela Fonti e Stefano Roffi, 
si tiene alla Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo - Parma  
dal 19 marzo al 3 luglio 2016 www.magnanirocca.it

La catastrofe dell’arte moderna e contemporanea coincide con la scomparsa di ciò che ho voluto chiamare, la sua utopia; il momento, nell’opera d’arte, per cui essa trascende la realtà (vedi l’editoriale del 21° cahier di Tracce Cahiers d’Art).

Da attività creatrice, mossa dalla pulsione espressiva in antitesi dialettica con la pretesa obiettività del dato reale, l’arte, che si estrinsecava nella dimensione dell’opera grazie alla virtù della padronanza nell’uso dei mezzi tecnici del dipingere o dello scolpire, diviene ora nient’altro che un semplice organo della comunicazione. Integralmente ridotta alla sfera della socializzazione comunicativa, l’opera d’arte appare unicamente quale mera semiosi perdendo così anche, solo, la memoria di ciò che ne rendeva enigmatica e misteriosa la pura, nuda, silenziosa presenza o, parousia aesthetica, in cui, tuttavia, consisteva la sua irresistibile e imperiosa attrattiva sulla coscienza del riguardante.

Nella misura relativa alla sua autonomia l’arte rivela d’essere il dominio dell’immaginazione dove le forme sensibili del reale empirico acquistano un’altra natura, quella che nasce dalla messa in opera di un principio creativo e dialettico della libertà, come spontaneo, incondizionato, impulso all’espressione che si esplica nella determinatezza, appunto, di una forma costruita e composta con gli strumenti dell’operare artistico. La creazione spontanea si converte in opera d’arte ponendo così, le condizioni per creare, al suo interno, un’armonia ovvero, un ordine in cui tutte le sue parti, senza coercizione alcuna, si ricompongono insieme in unità dalla quale promana l’aura, o lo splendore, della sua medesima astanza.

Esistono leggi costruttive convenienti alla formatività di un’opera dell’arte che sono perfino, di carattere matematico e geometrico, come la prospettiva o la sezione aurea che furono, infatti, le regole dell’arte architettonica, scultorea e pittorica del Rinascimento italiano.

Dopo la Grande Guerra, ove naufragò l’esperienza delle avanguardie artistiche del primo Novecento, nel campo diruto dell’arte europea comparve il fenomeno del cosiddetto “ritorno all’ordine” che, in realtà, corrispose al tormentato tentativo di far ritornare nel presente storico la concezione di un’arte senza tempo, al di fuori dell’incubo della storia.

Gino Severini, deluso dal futurismo, ne rappresentò uno dei testimoni più consapevoli e più alti. Egli, allora, si rivolge alle fonti e trova nel Quattrocento italiano la sua patria intellettuale. Studia il trattato sull’architettura del romano Vitruvio, opera base di tutto il Rinascimento. Si immerge negli studi teorici dell’Alberti, del Dürer e di Piero della Francesca e legge con entusiasmo il trattato “De divina proportione” del frate francescano Luca Pacioli, una delle massime autorità matematiche europee di quel tempo. Da questo studio è nato il saggio “Dal cubismo al classicismo, estetica del compasso e del numero”, pubblicato in francese a Parigi nel 1921.

Difronte allo sfacelo dell’arte, da lui paventato nel 1921, Severini pone nel suo saggio la domanda fondamentale: a che serve la pittura? “Si possono dare tante definizioni eleganti e profonde, filosofiche o estetiche dell’arte e della bellezza, ma per un pittore si riassumono tutte in un’unica frase: creare un’armonia”. 

Creare questa armonia, secondo Gino Severini, significa lavorare al quadro come ad una composizione per sé stante che si regge su leggi proprie ancorché simili alle stesse leggi che governano l’universo come, peraltro, quel rapporto o, proporzione matematica, ad esempio, che costituisce la base essenziale di ogni rapporto armonico che è la sezione aurea. Le parti del dipinto fra di loro e rispetto al tutto del quadro devono essere in equilibrio e armonia; ciò significa che l’unità del quadro, il suo equilibrio e la sua armonia, devono basarsi sul medesimo rapporto armonico.

Scopo della pittura deve essere, dunque, quello di “creare un’armonia” – scrive Severini: “Un’opera d’arte è perfetta quando tutti gli elementi che la compongono tendono decisamente al medesimo fine”. L’arte perciò, ancora una volta, nell’opera e nei quadri di Gino Severini non è affatto imitazione della realtà effimera dei sensi ma, essenzialmente, composizione autonoma resa “indipendentemente da tutti i confronti, compreso quello con la realtà che conosciamo”.

Per concludere, non si può tuttavia non ricordare che, invero, questa del cosiddetto “ritorno all’ordine” fu una stagione in cui, pur, prevalse il sogno ideologico e regressivo dell’aspirazione al ritorno verso la separatezza originaria tra mondo sensibile e mondo intelligibile che formano, invece, insieme una sola vivente unità.

Integrità, ogni volta, quasi miracolosamente riattualizzantesi in ciascuna opera, davvero, ben compiuta e ben riuscita dell’arte come, d’altronde, balza evidente dalla contemplazione stessa di svariate forme e di matericità cromatiche coesistenti in tutto quanto il complesso delle esecuzioni pittoriche, dall’epoca divisionista al futurismo ed oltre, realizzate con meravigliosa sintesi mimetico-compositiva dell’artista Gino Severini.

Il testo di Beniamino Vizzini "Creare un'armonia. Il ritorno all'ordine nell'estetica di Gino Severini" è stato pubblicato sulla Rivista (cartacea) Tracce Cahiers d'Art, N. 24 primavera estate 2016, che ha dedicato un ampio servizio alla mostra "SEVERINI. L'emozione e la regola", in corso fino al 3 luglio 2016 alla Villa dei Capolavori della Fondazione Magnani Rocca, a Mamiano di Traversetolo - Parma.

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